HOME>>
DIVULGAZIONE
INTRO>>
AMBIENTI FLORA-FAUNA DIDATTICA IMMAGINI GLOSSARIO CREDITS

Litorali

  • Introduzione

  • Clicca qui per scoprire i diversi ambienti del litorale

  • Interventi umani
  • Evoluzione naturale
  •  
    i
     
     
     
     

    Introduzione
    Sono la zona del lido che si affaccia sul mare. I lidi sono strisce di terra che separano la laguna dal mare e si estendono per circa 50 Km dalla foce del Brenta a quella del Sile (da “I litorali sabbiosi del lungomare veneziano - parte 2ª”, 1980) .
    Sono formate da una fascia di alte dune costituite dai depositi alluvionali dei fiumi, principalmente il Tagliamento e il Piave, modellati in questa forma parallela alla costa dalla corrente, che nell'Alto Adriatico ha direzione da nord-est a sud-ovest.
    Questa fascia faceva parte della pianura Veneta 6000 anni fa e successivamente, con l'innalzamento del livello del mare (eustatismo) e con l'abbassamento del suolo (subsidenza), ha dato origine ai cordoni litoranei. Il livello dell'antica pianura veneta, che fino a 18000 anni fa arrivava all’altezza di Pescara (da Cavazzoni S., “La laguna: origine ed evoluzione”, in “La laguna di Venezia”, 1996), è costituito dal caranto, uno strato di argilla mineralizzata molto compatta che costituisce il fondale naturale della laguna sulla quale i veneziani hanno infitto i pali che sostengono le costruzioni della città.Murazzi (foto: Scuola Media Vettor Pisani, Venezia)
    La vasta area paludosa che era rimasta confinata alle spalle di tale cordone inizialmente era una laguna di acqua dolce, ma i periodici sfondamenti della marea hanno permesso l'ingresso dell'acqua di mare, trasformandola così in una laguna di acqua salmastra (da “Guida alla natura nella laguna di Venezia – Itinerari, storia e informazioni naturalistiche”, 1996).
    Tali processi sono tuttora attivi, e i litorali sono continuamente interessati da fenomeni costruttivi come il deposito di materiale sabbioso proveniente dal mare (sedimentazione) e da fenomeni distruttivi quali l'erosione marina ed eolica.
    L'aspetto dei litorali si è modificato nel corso dei secoli non solamente per la naturale evoluzione di questo ambiente, estremamente dinamico, ma anche per l'intervento continuo dell'uomo, a causa della costruzione dei “Murazzi”, dell'estromissione degli affluenti dalla Laguna, e della realizzazione di dighe foranee e pennelli di protezione.

    Interventi umani
    Gli interventi dell’uomo sono una costante del suo rapporto con la laguna, e il loro inizio è coinciso con i primi arrivi in questo ambiente.
    Fino al XV secolo gli interventi si limitarono ad opere di consolidamento e arginatura di limitate proporzioni, che lasciarono praticamente intatte le caratteristiche essenziali della laguna originaria.
    Le grandi opere che influenzarono e cominciarono a modificare i dinamismi naturali si sono avute a partire dal XVIII secolo.
    I primi interventi si ebbero nel 1738, quando la Repubblica di Venezia realizzò lungo i litorali di Malamocco, Pellestrina e Sottomarina i Murazzi, opere di difesa a mare in pietra d'Istria e pozzolana. Si tratta di dighe frontali il cui obiettivo era di creare una barriera che impedisse al mare di aggredire ed erodere le rive.
    L'idea di realizzare queste difese era stata concepita verso il 1716 dal padre conventuale Vincenzo Coronelli. Egli inviò ai Savi ed Esecutori alle Acque il suo progetto innovativo, che prevedeva di sostituire le tradizionali difese a mare formate da tronchi di quercia e materiali di riporto con una vera e propria scalinata realizzata con blocchi di pietra d'Istria.La Carta storica delle principali vicende ed opere idrauliche dei fiumi, lagune, forti e litorali della Venezia dal principio del sec. XIV fino ai giorni nostri (fonte: Consorzio Venezia Nuova)
    Fu però Bernardino Zendrini, Sovrintendente alle Acque, ai Fiumi e Laguna a rendere effettivo questo progetto grazie all'introduzione di un materiale di recente scoperta, la pozzolana, che mescolata alla calce e messa a contatto con l'acqua si solidifica, consentendo in questo modo di “saldare” tra loro i blocchi di pietra d'Istria e di rendere la barriera dei Murazzi ancora più efficace.
    Un altro intervento che ha modificato l'aspetto e i dinamismi della laguna è stato l'estromissione degli affluenti dalla laguna. La naturale evoluzione dell'ambiente lagunare prevede il suo interrimento a causa dell'apporto di sedimenti dagli affluenti, apporto non compensato dall'effetto erosivo delle correnti marine.
    Tale interrimento ha sempre costituito un problema per la Serenissima, perché avrebbe inciso in modo negativo sulla sicurezza e sulla prosperità di Venezia, aspetti indissolubilmente legati all'esistenza della laguna intorno alla città.
    Già dal secolo XII vennero eseguiti i primi interventi sui corsi d'acqua, che vennero arginati in pianura per limitare l'erosione ed il conseguente trasporto di sedimenti in laguna. L'operazione non ebbe il risultato sperato, perciò si decise di affrontare il problema radicalmente, deviando i fiumi che sfociavano in laguna.
    Il primo fiume ad essere deviato fu il Brenta, il cui corso fu spostato da Fusina fino al mare nel 1548. L'interrimento della Laguna in effetti subì un rallentamento, ma allo stesso tempo aumentò l'erosione e l’arretramento delle barene, di cui si parla fin dal 1600.
    In Laguna è rimasta ancora una traccia ben visibile dell'antico tracciato del Brenta: il Canal Grande, che è un antico tratto lagunare del fiume.
    Nel 1896 il Brenta fu reimmesso in Laguna, perché il percorso tortuoso che era costretto a seguire per arrivare fino al mare causava un deflusso difficoltoso, con conseguenti esondazioni. Ma nei 40 anni successivi l'incremento del processo di interramento portò alla decisione definitiva di deviare il fiume a mare, nell'alveo del Bacchiglione.
    Il Piave non ha avuto una storia così travagliata come il Brenta: prima fu deviato a Cortellazzo, poi a S. Margherita, ma nel 1682 esondò e tornò ad occupare l'alveo che porta a Cortellazzo.
    Il Sile, essendo un fiume di risorgiva, ha sempre presentato pochi problemi di trasporto di sedimenti, e venne deviato nel 1680 nel vecchio alveo del Piave principalmente per problemi sanitari.
    La deviazione a mare degli affluenti ha portato alla scomparsa della fascia delle paludi, che costituiva un ambiente peculiare e importante per l'avifauna, e ad un incremento del carattere marino, testimoniato dalla comparsa della vegetazione alofila e dall'aumento del grado di salinità delle barene e dei fondali.
    Gli ambienti dulciacquicoli attualmente sono ridotti a piccole porzioni nella fascia di gronda e talvolta sono costituiti da ambienti artificiali come le cave di argilla abbandonate, trasformatesi successivamente in aree paludose (es. Cave Gaggio).
    Durante il XIX secolo si diffondono inoltre gli interventi sulle valli da pesca, che vengono arginate con strutture fisse, e alle bocche di porto, con la costruzione dei moli foranei: con queste ultime modificazioni viene avviato un processo di sostituzione degli ambienti lagunari con ambienti di terra. (da Bonometto L., “Le problematiche naturalistiche nella progettazione e gestione degli interventi sulla Laguna”, 1997).
    Le dighe foranee sono dei moli lunghi centinaia di metri che permettono il collegamento tra il mare e la Laguna e consentono il flusso e il riflusso della marea. Bocca di porto di Chioggia (foto: Consorzio Venezia Nuova)
    Sono stati costruiti in tre fasi successive a partire dal 1805 alle bocche di porto di Malamocco, Lido e Chioggia per contrastare la naturale tendenza all’interrimento dei canali e consentire così l'accesso al Porto di Venezia a navi di grosso tonnellaggio senza provvedere al continuo ripristino dei fondali.
    Restringendo la sezione del canale, la velocità d'ingresso della corrente aumenta, aumentando anche la forza erosiva sui fondali, la cui profondità è passata dai 5 – 6 metri originari fino ai 20 metri, e talvolta 30, attuali. Questa trasformazione ambientale ha portato delle variazioni alla naturale circolazione delle acque, provocando una perdita di materiale sabbioso a valle di ogni diga e un contemporaneo accumulo a monte delle stesse, come si può facilmente osservare confrontando i litorali di S. Nicolò al Lido e quello di Punta Sabbioni al Cavallino.

    Evoluzione naturale
    Come si può capire da quanto detto finora, l'ambiente litoraneo è in continua evoluzione sia dal punto di vista morfologico che funzionale.
    Oltre ai mutamenti che sono avvenuti e continuano a manifestarsi su scale spaziali grandi, è possibile notare anche la continua evoluzione che contraddistingue l'ambiente del litorale.
    La sabbia portata dal vento, ma soprattutto la sostanza organica portata dalla corrente marina sotto forma di accumuli di alghe e fanerogame morte, fanno in modo che il popolamento vegetale e animale possa evolvere e stabilizzarsi in questo ambiente in apparenza così inospitale e privo di risorse (da Bonometto L., “Un ambiente naturale unico – Le spiagge e le dune della penisola del Cavallino”, 1992).
    Ogni “presenza” vegetale e animale crea i presupposti per l'insediamento di altri organismi, in un processo dinamico di relazioni strette che si svolge in una fascia limitata che va dalla battigia al bosco litoraneo.
    Gli organismi che vivono in questo ambiente si sono dovuti rassegnare a condizioni di vita difficili, adottando alcuni stratagemmi che consentono loro di sopravvivere.Salsola kali (foto: Erick Dronnet)
    Alcune piante, come l’erba kali (Salsola kali), cercano di ridurre al massimo le possibili perdite d'acqua dovute alla traspirazione riducendo la loro superficie fogliare esposta ai raggi del sole: in questo modo riescono ad accumulare acqua nei tessuti da utilizzare in caso di siccità (da Bonometto L., “Un ambiente naturale unico – Le spiagge e le dune della penisola del Cavallino”, 1992).
    Inoltre le piante di questo ambiente hanno foglie succulente che riducono la perdita di acqua per evaporazione, hanno un ciclo vitale rapido per sfruttare al massimo i periodi più favorevoli ed una produzione elevata di semi per assicurare l'attecchimento di almeno alcuni individui (da Bonometto L., “Un ambiente naturale unico – Le spiagge e le dune della penisola del Cavallino”, 1992).
    Le piante adattate a vivere ad una certa distanza dal mare si raggruppano in fasce parallele alla linea di battigia, formando associazioni vegetali le cui caratteristiche rispecchiano la variazioni delle caratteristiche ambientali dalla battigia agli ambienti più interni.
    Le prime piante che si incontrano allontanandosi dall'acqua del mare sono piante dette "piante pioniere", cioè piante che per prime colonizzano un ambiente inospitale preparando il suolo per le specie più esigenti.
    Ed è proprio grazie a queste piante, alla cui base si deposita la sabbia trasportata dal vento e i materiali portati dalle correnti marine, che riesce a formarsi la prima fascia delle dune (da Bonometto L., “Un ambiente naturale unico – Le spiagge e le dune della penisola del Cavallino”, 1992).